All’altro capo del mondo, i mari del sud custodiscono un tesoro che è stato scoperto soltanto di recente.
Solo pochi anni fa, alcuni ricercatori hanno effettuato il primo studio delle scogliere coralline di Raja Ampat ,tra Sumatra, la Nuova Guinea e le Filippine, e hanno fatto una scoperta sensazionale: le acque di questo arcipelago contengono la maggior varietà di specie marine al mondo. Noi ci siamo stati a pescare!
Perchè Raja Ampat
Rientrato da un viaggio di pesca a Panama, la mia attenzione è stata completamente rapita da un documentario di diving, girato da una troupe Americana nei pressi del mare delle Molucche.
Non ero a conoscenza del fatto che in un piccolo arcipelago, a nord della West Papua, ci fosse la più grande biodiversità marina del pianeta terra.
Il filmato mostrava una barriera corallina ancora intatta, colorata e ricca di vita; carangidi, snapper e moltissimi squali mi passavano davanti gli occhi, come per invitarmi a partire per scoprire la pescosità di queste acque.
In fine, dopo dieci lunghi minuti di riflessione, mi sono deciso ad acquistare i quattro voli che mi separavano da questo paradiso, con la speranza di trovare il nirvana della pesca sportiva.
Sono però convinto che i responsabili del parco ancora oggi staranno chiedendo il perché questi due strani Italiani volessero rilasciare tutto il pescato........
Perchè Raja Ampat
Rientrato da un viaggio di pesca a Panama, la mia attenzione è stata completamente rapita da un documentario di diving, girato da una troupe Americana nei pressi del mare delle Molucche.
Non ero a conoscenza del fatto che in un piccolo arcipelago, a nord della West Papua, ci fosse la più grande biodiversità marina del pianeta terra.
Esplorazioni
Esplorare nel mondo della pesca sportiva, non significa
andare in un charter per la prima volta
a pescare in un luogo esotico, ma essere il primo a pescarci in assoluto.
La differenza è
sostanziale, perché il primo caso è paragonabile a una autostrada a pedaggio al
contrario il secondo è come guidare un
fuoristrada nel deserto senza la traccia
di una pista.
In una esplorazione di pesca si incontrano molte difficoltà,
e la parte tecnica dell’attrezzatura passa in ultimo piano.
Le priorità sono altre: arrivare sul posto, cercare una
buona imbarcazione, scegliere gli spot di pesca sulla carta nautica, capire il
più presto possibile il mare e le correnti e in fine trovare una sistemazione
dignitosa per nutrirsi e passare la notte.
Nulla viene pagato in anticipo dall’Italia, contrattare i prezzi di qualsiasi servizio o
bene di prima necessità è di vitale importanza alla buona riuscita
dell’esplorazione.
Non si può contattare nessuna guida, nessuna agenzia per
avere informazioni perché nessuno ci ha pescato sportivamente prima del nostro arrivo.
Entrare nella riserva
Nazionale
Fino al momento in cui siamo entrati all’ufficio militare,
nell’ isola di Waigeo, non siamo stati del tutto sicuri che ci avrebbero
permesso di praticare il catch and release in queste acque.
La cosa ci creava qualche malumore, visto che arrivavamo da
più di trentacinque ore di volo e tre ore di traghetto locale senza incontrare
un occidentale.
L’attesa è stata snervante.
Nessuno dei militari parlava inglese ma il nostro interprete sembrava
fiducioso.
.
Sono però convinto che i responsabili del parco ancora oggi staranno chiedendo il perché questi due strani Italiani volessero rilasciare tutto il pescato........
Pagato l’entry permit in rupie indonesiane, partiamo per
l’isola di Waiag, la parte dell’arcipelago che sulla cartina sembrava essere un
ottimo inizio per le nostre battute di pesca.
Focus Raja Ampat
L’arcipelago è un groviglio illimitato di secche, isole
coralline, isole montuose, baie cristalline e lagune di foreste di mangrovie. Sembra
di essere in tre oceani contemporaneamente.
Il colore dell’acqua e della barriera corallina non ha
eguali e le forti correnti di marea, portano nutrimento e ossigeno a tutte le
forme viventi, dal microscopico plancton alle maestose mante che si aggirano anche nei bassi
fondali, ma noi non sappiamo apprezzare più di tanto perché abbiamo nei
pensieri la nostra tanto amata pesca.
Finalmente a Pesca
Alloggiati sul bordo della barriera corallina, in una
palafitta costruita da locali, con la nostra barca ormeggiata al pontile
equipaggiata di un motore da quaranta cavalli, siamo finalmente pronti per
uscire l’indomani a pesca.
L’emozione di aver davanti a noi nove giorni di passione
allo stato puro ci esalta e ci fa provare le stesse emozioni di quando, anni fa,
abbiamo lanciato per la prima volta un popper lungo una barriera corallina. Le braccia
tremano proprio come quel giorno e l’adrenalina sale velocemente man mano ci
avviciniamo al primo spot che ci si apre davanti.
Tutte queste emozioni si ripeteranno per i restanti dieci
giorni in cui usciremo per scoprire nuove zone e valutare la reale potenzialità
del posto in cui siamo capitati.
Emozioni in
superficie
Avendo assaporato il primo giorno la vastità degli spot, in
particolar modo per la pesca a popping e spinning in superficie, continuiamo la
nostra ricerca utilizzando solo ed esclusivamente queste tecniche.
Avendo passato gli ultimi quattro anni su e giù per il mondo
a pesca, troviamo immediatamente degli spot molto validi, anche grazie
all’aiuto del pescatore locale.
Il lavoro di squadra indispensabile in queste esplorazioni e
gli attacchi ai nostri stick bait e popper, di varie forme e dimensioni davvero
non si fanno attendere.
In condizioni di corrente favorevoli e di acqua ossigenata
snapper, cernie, coral trout, carangidi e squali di barriera sembrano stregati
dal sordo rumore e dalle movenze dei nostri artificiali.
Questo accade in modo
esponenziale se si pesca in un luogo vergine dove i predatori regnano
indisturbati e non hanno mai visto un artificiale prima del nostro avvento.
Gli attacchi in superficie sono l’espressione più alta per
un appassionato di tropico.
Ci fanno urlare ad
ogni esplosione dell’acqua sul nostro popper e il combattimento è solo un
valore aggiunto di questa stupenda tecnica.
Gli abitanti del
luogo
Squali squali squali
Non era mai capitato di avere così tanti incontri ravvicinati
con questi stupendi predatori.
Ad ogni spot pescato,
gli attacchi di questi pesci cartilaginei erano numerosissimi; inseguimenti,
repentine sterzate e salti acrobatici, indirizzati a far male al nostro
artificiale ci spingevano a non mollare mai.
E’ risaputo che gli squali tagliano e che, portarli
sottobarca, non è un gioco da ragazzi, e
spesso può anche risultare pericoloso per l’incolumità del pescatore stesso,
soprattutto se l’ospedale più vicino e a qualche ora di barca e sempre che ce
ne sia uno.
La cosa importante è rilasciare il pesce senza creargli dei
danni permanenti e per fare questo spesso bisogna slamarlo in acqua.
Carangidi
Giant trevally e blue fin tgrevally sono molto presenti in
queste zone, grazie alla grande presenza di pesce foraggio e la conformazione
del fondale corallino che offre numerosi punti di sosta e di caccia per questi
bellissimi pesci sportivi.
I Gt che sono usciti non sono di dimensioni rilevanti ma l’
aggressività degli esemplari più piccoli è sconcertante.
Non è detto che con imbarcazioni migliori che diano la
possibilità di raggiungere spot ancora più estremi in alto mare non ci si possa
imbattere in prede over size come ci era capitato nell’isola di Socotra nello
Yemen.
Pesce di barriera
La presenza di prede come snapper e cernie è disarmante ad
ogni angolo abbiamo avuto attacchi di queste specie normalmente meno aggressive
dei carangidi, allamandone e perdendone in quantità.
Questo fatto denota che la pesca professionale e locale non
hanno avuto nessun impatto nell’arcipelago di Raja Ampat.
Probabilmente un appassionato di pesca in superficie in
mediterraneo dovrebbe munirsi di un
defibrillatore se intende affrontare queste calde acque tropicali.
Makerel e Barracuda
Salti spettacolari spesso di qualche metro fuori dall’acqua,
partenze brucianti, tagli del terminale e profonde ferite ai nostri
artificiali, ecco l’essenza di questi predatori che si possono trovare nei
pressi delle conformazioni coralline ma spesso anche in alto mare.
AI momento dell’attacco i nostri artificiali vengono
proiettati in aria come se fosse appena esplosa una mina sotto di loro; un’
emozione che ci lascia sbigottiti e senza parole.
Conclusioni
Questo paradiso della
Papua indonesiana è tra gli ultimi luoghi dove anche Dio si è
dimenticato di fare visita; che resti
tale negli anni avvenire dipenderà dalle autorità locali e dal buon senso delle
persone.
Al momento esistono solo pochi e piccoli ecoresort che non
hanno nessun impatto sul paesaggio, ma il pericolo che tutto si trasformi in un
business sfrenato di stampo occidentale c’è.
L’ arcipelago dei quattro re, Raja Ampat, non è dietro l’angolo ma forse è proprio
grazie a ciò che ha potuto conservarsi vergine fino ai nostri giorni, la natura
incontaminata scandita dal canto degli uccelli del paradiso, deve rimanere
intatta.
Forse questo è solo un sogno, ma un sogno da conservare
gelosamente nel cassetto.
it's just amazing place to visit,.
RispondiEliminaRaja Ampat guide